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PERIEGHESIS. VIAGGIO NELLA STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO DEL TARANTINO

L'ALLEVAMENTO ANIMALE NELLA STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO DEL TARANTINO

Parole chiave: rural landscape history, storia del paesaggio agrario, allevamento, buoi, pecore, maiali, cavalli, asini, capre, jazzi,transumanza, Magna Grecia, Medioevo, Neolitico, feudalesimo, demani, caccia, strade, tratturi, gravine,masserie,edilizia rurale

L'uomo ed il mondo animale

L'addomesticamento degli animali selvatici ha costituito una innovazione epocale nella storia dell'Uomo; senza di esso non sarebbe intervenuta l'esplosione demografica ed urbanistica che caratterizza Rivoluzione Neolitica , avvenuta solo grazie al miglioramento dell'alimentazione umana. Per meglio comprendere l'importanza di tale processo nella formulzione della Rivoluzione Neolitica basti pensare al ben pi� limitato sviluppo civile cui and� incontro l'America precolombiana, proprio in quanto quella civit� non seppe, o pot� avvalersi del predominio sulo mondo animale.

Gli animali infatti hanno costituito, fino alla realizzazione dei motori a scoppio, la pi� importante fonte di energia e di forza lavoro, nonch� gli unici (o quasi) produttori di concime organico, necessarie le prime per dissodare e per arare i terreni, il secondo per rinnovarne la fertilit�.

La stessa forza lavoro animale era inoltre l'unica utilizzabile su larga scala anche al di fuori dell'agricoltura, per trasportare merci e persone, consentendo all'Uomo pi� celeri spostamenti. Gli animali allevati garantivano, inoltre, una maggiore disponibilit� di alimenti proteici, sia con le carni (ma, per i bovini e gli equini, la macellazione giungeva solo al termine della loro attivit� lavorativa), sia con i prodotti latteo- caseari.

Gli animali erano anche importanti fornitori di materie prime per attivit� industriali ed artigianali, come la lana e le pelli (con le quali si confezionavano abiti, scarpe ed altri articoli di pelletteria). Ricordiamo infine l'importanza degli animali nella storia della cultura, con il loro diffuso impiego nella medicina prescientifica e nella formazione dell'immaginario collettivo, nei sue differenti espressivit�, sia magico-fantastiche sia rituali, mitiche e religiose.

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Alcuni esempi delle grandi cisterne (acquari o fogge) per la raccolta dell'acqua piovana, da Masseria Casabianca (Statte). In basso vasche in pietra (pile) adoperate come abbeveratoi

Il mantenimento e lo sviluppo di una zootecnia intensiva ha sempre trovato un limite severo nelle caratteristiche del clima e dell'ambiente mediterraneo. La prolungata siccit� estiva limita considerevolmente, infatti, la disponibilit� di pascolo naturale per quella parte dell'anno; per lo stesso motivo, non si � mai potuto sviluppare la tecnica del maggese vestito (le foraggiere) o il mantenimento dei prati perenni; le basse rese agricole non consentivano, inoltre, di sopperire alla cronica carenza di foraggio ed alimento ricorrendo oltre un certo limite alle granaglie (le biade, cio� l'orzo e l' avena). Per l'alimentazione bovina ed equina, i generi pi� esigenti da un punto di vista alimentare, oltre l'erba naturale veniva adoperato anche il sottoprodotto della trebbiatura del grano, la paglia. Per ricavarne quanta pi� possibile si chiedeva perci� ai mietitori di effettuare tagli bassi sugli steli recanti le spighe, il che comportava il pagamento di un sovrapprezzo.

Diverso il discorso per gli animali piccoli (cio� ovini e caprini) che, grazie alle loro pi� limitate esigenze nutrizionali, erano pi� organicamente integrati nell'agricoltura cerealicola mediterrenea. Il pascolo statotico (cio� estivo) era assicurato dalle ristoppie, cio� i terreni sui quali si era mietuto il grano e le biade. Il quadro complessivo rimaneva comunque caratterizzato da una cronica limitata disponibilit� di bestiame. Particolarmente limitante fu l' impossibilit� di utilizzare pi� ampiamente il cavallo (energeticamente pi� efficiente ma pi� esigente da un punto di vista alimentare rispetto al bue) nei lavori di aratura, ci� che ha costituito forse il pi� grosso limite dell'agricoltura mediterranea, responsabile (a partire dal Medioevo) del crescente divario economico rispetto alle pi� evolute agricolture del Nord di Italia e del Centro Europa.

L'integrazione dell'allevamento con l'agricoltura era, quindi, sempre problematica e sottoposta a severi vincoli quantitativi, mentre la realizzazione di una industria zootecnica specializzata rendeva necessario lo spostamento periodico del bestiame da un pascolo all'altro, nonch� la necessit� (nella stagione secca)di trasferirlo nei pascoli montani, seguendo i percorsi e la pratica della transumanza. Questa caratteristica ha a lungo impedito che fra agricoltori ed allevatori si stabilissero duraturi e pacifici equilibri, anzi l'accesa litigiosit� fra contadini e pastori, ed i relativi ancestrali echi biblici, erano lo specchio di un ben radicato atteggiamento mentale.

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Negli Statuti della bagliva definiti fra l'Universit� di Monacizzo ed il feudatario nel 1656 era previsto che il proprietario di maiali responsabili di danni alle colture pagasse una multa pari a due grana (met� nel caso di terreni non appartenenti al barone). In caso di oliveti o di campi di zafferano (zafaranali) era, tuttavia, lecito ammazzare gli animali: la testa della bestia andava al capitano (cio� il responsabile della amministrazione della giustizia), il corpo ai dannificati

Per mettere ordine in una materia che innescava di continuo tensioni sociali, nel Medioevo lo Stato organizz� un corpo di ufficiali addetti alla vigilanza rurale (la bagliva) delle campagne , con l'incarico cio� di rilevare i danni inferti dal bestiame alle colture e di fissare le relative pene, da suddividere in parte in favore del danneggiato, in parte dell'autorit� pubblica stessa.

I problemi non finivano affatto, a causa dei diffusi episodi di corruzione e dei soprusi perpetrati dagli ufficiali addetti a tale compito; la situazione divenne addirittura paradossale quando l'esercizio della bagliva divenne appannaggio del feudatario locale, che in genere era al tempo stesso il pi� importante allevatore. Per limitare i possibili conflitti di interesse, nel corso del '400 vennero compilate, fra Universit� e baroni, convenzioni, contenute nei cosiddetti Capitoli o Statuti della Bagliva. Naturalmente la loro compilazione costituiva occasione per un pi� generale discussione dei rapporti fra le parti, continuamente aggiornato nel corso del tempo. Costituiva pertanto uno dei pi� importanti momenti che regolavano la vita quotidiana di una comunit�, unitamente ai privilegi da essa posseduti e iuniti nel Libro rosso.

Una breve storia

Fatta eccezione per cavalli e pecore, molto poco sappiamo sulla zootecnia tarantina sino al Medioevo avanzato. In Et� Antica, tuttavia, essa raggiunse certamente uno sviluppo molto avanzato, almeno analogo a quello sostenuto dall'agricoltura. Una fase di regressione, anche a carico delle forme pi� celebrate di allevamento ovino, caratterizz� l'et� romana, a causa delle speculazioni messe in atto sull'ager publicus tarantino da parte dei vincitori. L'unica forma diffusamente praticata fu probabilmente la pastorizia ovina, condotta con la modalit� della transumanza.

Ad iniziare dal Tardo Antico e per tutto l'Alto Medioevo l'allevamento torn� in secondo piano, assumendo probabilmente forme semibrade, in un paesaggio dominato dalla economia di radura: sparuti fazzoletti di terra coltivata circondati da ampie zone incolte.

Dall'alto a sinistra, in senso orario: mangiatoie ricavate all'interno di un muro a secco (Masseria Gorgofreddo-Martina Franca), colombaia a cellette (Masseria Capo di Gavito-Mottola), arcate (suppenne) per ovicaprini (Masseria Palombarella-Taranto), recinto (avucchiaro) per l'allevamento delle api (gravina di Petruscio-Mottola)
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Successivamente all'anno Mille, invece, (e per gran parte dell'Et� Moderna), il bestiame non fu solo un fattore determinante per la realizzazione della Rivoluzione Agricola Medievale, ma crebbe nel contempo anche la sua funzione sociale, rientrando sostanzialmente alla definizione della ricchezza individuale; esso divenne frequentemente oggetto di donazione, compravendita e di permuta (con terre, altri immobili; o ancora animali); era anche il primo bene sottoposto a sequestro in caso di obblighi non rispettati.
L'importanza strategica del bestiame per l'economia di tutto il Mezzogiorno, in specie di quello grosso (cio� bovini ed equini), era tale che lo Stato (con Federico II) eman� diversi provvedimenti a sua tutela, come il divieto all'esportazione e (relativamente ai buoi aratori) di pignoramento. Lo Stato stesso, peraltro, fu a lungo il pi� importante allevatore, impiantando proprie aziende zootecniche specializzate. Nel corso dell'Et� Moderna la grande industria armentizia pass� in mano ai privati, ma lo Stato impose, con l'istituzione della Dogana della mena delle pecore di Puglia (1447), una sorta di monopolio sullo sfruttamento dei pascoli.

Le esigenze di una economia ormai diffusamente mercantilizzata, che privilegiava sempre pi� le produzioni agricole (grano, olio e vino), la crescita demografica, con la conseguente messa a coltura di nuove terre gi� incolte, determinarono il graduale ridimensionamento dell'allevamento. Il primo a scomparire dal Tarantino fu quello equino (gi� sul finire del Medioevo), seguito da quello bovino (all'inizio del '700): ambedue finirono invece con il caratterizzare la vita ( e la ricchezza) delle aziende masserizie della Murgia e del Tarantino occidentale.

Il solo allevamento ovino resistette pi� a lungo, grazie alla sua complementariet� con la cerealicoltura.

Dall'industria armentizia all'industria zootecnica

L'avvento della meccanizzazione, alla fine dell'800, la crisi del sistema-masseria, le bonifiche di fine '800-inizi'900 e la messa a coltura di vaste aree gi� incolte hanno dato il definitivo colpo di grazia all'allevamento animale tradizionale. La zootecnia moderna ha acquisito una propria fisionomia aziendale, spesso del tutto sganciata dall'agricoltura. Con questa condivide molte esigenze e problemi, come la necessit� di grandi investimenti, la pesante dipendenza dall'industria (per la fornitura di mangimi e di energia) e l'urgenza di innovazione tecnologica permanente. L'ambiente, ed i vecchi condizionamenti ecologici, rientrano in questo inedito quadro di industria globalizzata, solo sotto forma di diseconomia esterna.