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PERIEGHESIS. VIAGGIO NELLA STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO DEL TARANTINO

Le cappelle delle masserie

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Le funzioni

La masseria costituiva un importante punto di aggregazione sociale per moltissime persone, specie per i lavoratori stagionali ospitati durante i momenti e le fasi particolarmente critiche del ciclo agrario, come erano in particolare la mietitura e, soprattutto, la raccolta delle olive; si trattava, in quest'ultimo caso soprattutto, di donne, con al seguito i rispettivi bambini). In talune aziende (come ad esempio alla masseria della Felice-Statte) il loro numero superava anche il centinaio. Provenivano da località anche molto lontane, come la regione del Capo di Lecce (tale era l'origine di gran parte dei mietitori e dei lavoratori addetti ai trappeti) e la Murgia interna barese (come i raccoglitori di olive). In taluni casi la loro permanenza all'interno della masseria si prolungava anche per mesi; per assistere alle funzioni religiose, obbligatorie in coincidenza delle festività di precetto, i proprietari si trovavano di fronte all'alternativa di veder allontanarsi periodicamente dall'azienda i lavoratorile verso le chiese, ovvero di fornire in loco le funzioni religiose.

La chiesa di San Michele a Triglie (fra Statte e Crispiano) fu eretta agli inizi del '700 dalla famiglia Bitetto, possessori della masseria adiacente, in un punto in cui la tradizione poneva l'antico santuario greco di Diana Trigliantina. Inserita all'interno delle molte testimonianze del culto micaelico nel Tarantino, si trova in uno cappelle-SanMicheleTriglie.jpg (21K) dei tratti nevralgici della struttura viaria ed insediativa del Tarantino. Accanto ad essa passava infatti un'importante via istmica per l'attraversamento della Murgia e tutt'intorno si estendeva un vasto insediamento rupestre, gravitante intorno ad un importante luogo di culto medievale, dedicato a San Giuliano.

Le chiese rurali nella storia della masseria

Il riscontro di cappelle e chiese all'interno delle masserie è un evento relativamente recente nella storia evolutiva di queste strutture.
Raramente, infatti, esse cappelle preesistevano alla nascita dell'azienda (tale il caso dell'abbazia di San Pietro nella masseria omonima dei Marrese, sul Mar Piccolo) o venivano erette insieme alle strutture produttive; il più delle volte, invece, la loro edificazione è da porsi fra il '700 inoltrato e l''800. Questo fenomeno si inserisce, quindi, nella stagione di ristrutturazione edilizia in funzione residenziale e suntuaria che caratterizza non solo la storia della masseria del Tarantino in quei secoli, ma anche i casini di campagna che andavano edificandosi nei poderi vineati di San Donato, Lama e Talsano.

Fondando la cappella il proprietario della masseria si impegnava a destinarle una annua rendita, assicurata in genere con la stessa masseria o parte di essa, sufficiente per il mantenimento delle suppellettili della chiesa e per l'elemosina da corrispondere al prete per i suoi servigi (celebrare la messa e somministrare i sacramenti).

L'arredo interno di una cappella era molto variabile: da relativamente semplice a molto articolato ed impreziosito. Comprendeva l'altare con i relativi arredi sacri, le panche per il pubblico, quadri, affreschi o tempere murarie, recanti le immagini dei santi cui l'edificio era dedicato, più di rado anche i committenti. Si trattava in genere di santi molto vicini alla religiosità popolare, fra cui particolarmente diffusa quella della Vergine del Carmelo. Spesso di fattura naive, talvolta invece per l'esecuzione dell'arredo pittorico venivano incaricati gli artisti più in voga).

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La semplice ma suggestiva cappella di masseria San Demetrio (Taranto)
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Questa epigrafe affissa sul frontespizio della cappella di Masseria Giranda-Statte ricorda quanto complesso fosse il ruolo istituzionale della chiesa e della religiosità all'interno della società agricola

Non solo chiese

Le cappelle riassumevano in sé molto del complesso vissuto del vivere in masseria. Non sorprende quindi il fatto che la storia di molte di esse sia costellata di episodi romanzeschi. L'elemento che più contribuiva a movimentare la loro vicenda era, naturalmente, il diritto di asilo con cui esse, come tutte le chiese, garantivano l'immunità ai rifugiati. Molto spesso, quindi, vi si ritrovarono a vivere, anche per anni, poveracci inseguiti dai creditori o perseguitati dai funzionari del fisco, ma anche assassini più o meno occasionali. Ciò durò sino al concordato stipulato fra Stato e Santa Sede nel 1741, che escluse le chiese rurali dal diritto d'asilo e fissò, inoltre, norme più stringenti per l'erezione delle cappelle rurali. In primo luogo divenne necessario ottenere un formale assenso regio, condizionato alla esplicita dichiarazione di mancanza di diritto d'asilo. Per esplicitare il nuovo status vennero affisse apposite epigrafi sovrastanti l'accesso alla chiesa.

Alcune cappelle, le più antiche in genere, rispondevano, infine, a logiche tutte interne al gruppo nobiliare promotore della erezione, e determinavano un legame più intimo e duraturo nel tempo fra committente e luogo. Era ciò che avveniva allorquando la chiesa diveniva anche sede di beneficio ecclesiastico. Tale fu, ad esempio, il caso della cappella di Masseria Fanelli (Crispiano) con la famiglia De Carlo, di origine martinese ma trapiantata in Massafra

Riferimenti bibliografici

CRSEC TA/51: Chiese delle masserie di Martina Franca (con la ricca bibliografia citata a pp. 204-207), Martina Franca 2005.
A.V. Greco: Masserie e massafresi. Economia, società e paesaggio agrario nel Tarantino occidentale in Età Moderna, pp. 147-148.

Per la documentazione iconografica si vada all' L'Atlante delle chiese, cappelle ed edicole rurali del Tarantino

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Alcune cappelle di masseria manifestano, nell'architettura e nelle decorazioni, una chiara volontà distintiva. Si tratta in genere di strutture appartenenti a famiglie eminenti, come le cappelle delle masserie Felice (Statte), Badia (Taranto)e Calvello (Crispiano)

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