PAROLE CHIAVE: immagini, rural landscape history, chiese ruspestri, cappelle, chiese, masserie, storia del paesaggio agrario, Taranto, Puglia, Italia meridionale, edilizia rurale
La masseria costituiva un importante punto di aggregazione sociale per moltissime persone, specie per i lavoratori stagionali ospitati durante i momenti e le fasi particolarmente critiche del ciclo agrario, come erano in particolare la mietitura e, soprattutto, la raccolta delle olive; si trattava, in quest'ultimo caso soprattutto, di donne, con al seguito i rispettivi bambini). In talune aziende (come ad esempio alla masseria della Felice-Statte) il loro numero superava anche il centinaio. Provenivano da località anche molto lontane, come la regione del Capo di Lecce (tale era l'origine di gran parte dei mietitori e dei lavoratori addetti ai trappeti) e la Murgia interna barese (come i raccoglitori di olive). In taluni casi la loro permanenza all'interno della masseria si prolungava anche per mesi; per assistere alle funzioni religiose, obbligatorie in coincidenza delle festività di precetto, i proprietari si trovavano di fronte all'alternativa di veder allontanarsi periodicamente dall'azienda i lavoratorile verso le chiese, ovvero di fornire in loco le funzioni religiose.
Il riscontro di cappelle e chiese all'interno delle masserie
è un evento relativamente recente nella storia
evolutiva di queste strutture.
Raramente,
infatti, esse cappelle preesistevano alla nascita dell'azienda (tale il caso dell'abbazia
di San Pietro nella masseria omonima dei Marrese, sul Mar Piccolo) o venivano erette insieme
alle strutture produttive; il più delle volte, invece, la loro edificazione
è da porsi fra il '700 inoltrato e l''800. Questo fenomeno si inserisce, quindi, nella stagione di ristrutturazione
edilizia in funzione residenziale e suntuaria che caratterizza non solo la storia
della masseria del Tarantino in quei secoli, ma anche i casini
di campagna che andavano edificandosi nei poderi vineati di San Donato, Lama e Talsano.
Fondando la cappella il proprietario della masseria si impegnava a destinarle una annua rendita, assicurata in genere con la stessa masseria o parte di essa, sufficiente per il mantenimento delle suppellettili della chiesa e per l'elemosina da corrispondere al prete per i suoi servigi (celebrare la messa e somministrare i sacramenti).
L'arredo interno di una cappella era molto variabile: da relativamente semplice a molto articolato ed impreziosito. Comprendeva l'altare con i relativi arredi sacri, le panche per il pubblico, quadri, affreschi o tempere murarie, recanti le immagini dei santi cui l'edificio era dedicato, più di rado anche i committenti. Si trattava in genere di santi molto vicini alla religiosità popolare, fra cui particolarmente diffusa quella della Vergine del Carmelo. Spesso di fattura naive, talvolta invece per l'esecuzione dell'arredo pittorico venivano incaricati gli artisti più in voga).
Le cappelle riassumevano in sé molto del complesso vissuto del vivere in masseria. Non sorprende quindi il fatto che la storia di molte di esse sia costellata di episodi romanzeschi. L'elemento che più contribuiva a movimentare la loro vicenda era, naturalmente, il diritto di asilo con cui esse, come tutte le chiese, garantivano l'immunità ai rifugiati. Molto spesso, quindi, vi si ritrovarono a vivere, anche per anni, poveracci inseguiti dai creditori o perseguitati dai funzionari del fisco, ma anche assassini più o meno occasionali. Ciò durò sino al concordato stipulato fra Stato e Santa Sede nel 1741, che escluse le chiese rurali dal diritto d'asilo e fissò, inoltre, norme più stringenti per l'erezione delle cappelle rurali. In primo luogo divenne necessario ottenere un formale assenso regio, condizionato alla esplicita dichiarazione di mancanza di diritto d'asilo. Per esplicitare il nuovo status vennero affisse apposite epigrafi sovrastanti l'accesso alla chiesa.
Alcune cappelle, le più antiche in genere, rispondevano, infine, a logiche tutte interne al gruppo nobiliare promotore della erezione, e determinavano un legame più intimo e duraturo nel tempo fra committente e luogo. Era ciò che avveniva allorquando la chiesa diveniva anche sede di beneficio ecclesiastico. Tale fu, ad esempio, il caso della cappella di Masseria Fanelli (Crispiano) con la famiglia De Carlo, di origine martinese ma trapiantata in Massafra
Alcune cappelle di masseria manifestano, nell'architettura e nelle decorazioni, una chiara volontà distintiva. Si tratta in genere di strutture appartenenti a famiglie eminenti, come le cappelle delle masserie Felice (Statte), Badia (Taranto)e Calvello (Crispiano)
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