PAROLE CHIAVE: immagini, rural landscape history, storia paesaggio agrario, Magna Grecia,templi, culti rurali, Taranto, Puglia, Italia meridionale, insediamenti, gravine, edilizia rurale
L'architettura territoriale ed insediativa della chora coloniale tarantina era centrata sulle fattorie (oikoi) e sui villaggi rurali (komai); i punti strategici erano presidiati da centri fortificati (phrouria), mentre una funzione amolto articolata e complessa era svolta dai santuari extraurbani..
Non sappiamo praticamente nulla nè della struttura edilizia nè della organizzazione funzionale delle moltissime fattorie sparse nella chora. Sulla base di prove indirette (fra cui la ricchezza del corredo funerario ribnvenuto nelle annesse necropoli), si puà argomentare che talune fossero votate ad una economia di sussistenza o poco di più, altre invece costituissero grossi impianti di sfruttamento agricolo, con abbondanti produzioni destinate al mercato.
I villaggi (komai) della chora riproponevano, almeno in una prima fase, la consuetudine laconica di vivere per centri agricoli sparsi; ciò presuppone una preminente e ben strutturata economia agricola, ben distinta quindi rispetto alla cultura classica di estrazione attica, centrata invece sul ruolo egemone della polis e delle sue molteplici ed articolate attività economiche, artigianali e mercantili.
I più importanti di questi villaggi sorgevano su preesistenti insediamenti indigeni (come quelli dell'Amastuola e di Monte Sant’Elia) come centri fortificati (phrouria), dislocati in posizioni strategiche lungo il più importante asse viario del territorio, la futura Via Appia.
Col tempo assunsero anche un ruolo di centro di raccordo delle attività di colonizzazione della chora; venuta meno l'esigenza della difesa, alcune (tale è il caso dell'Amastuola, intorno al V sec a.C) furono abbandonate.
Tombe a camera (da Fragagnano), a controfossa e a fossa semplice (da Fornovecchio, San Giorgio) da probabili fattorie magnogreche
Come per le fattorie, anche per i villaggi si assiste ad una divaricazione, desumibile ancora una volta dalla ricchezza dei corredi funerari provenienti dalle necropoli annesse (e sopravvissute all'attività dei tombaroli). Alcuni di questi villaggi erano abitati prevalentemente da contadini, altri invece (come mostrano i corredi funerari di quello sorto in coincidenza dell'odierno centro abitato di Monacizzo) mostrano invece una stratificazione sociale molto più complessa, della quale facevano parte anche figure di notevole opulenza.
I resti del villaggio greco sul Monte Sant'Elia, alla periferia di Roccaforzata: blocchi isodomi sparsi e frammetni ceramici
Il villaggio di pescatori rinvenuto in località Rondinello
La presenza e la vitalità economica e sociale degli insediamenti agricoli e delle stesse komai rende molto più complessa l’interpretazione delle forme del paesaggio agrario e della geografia insediativa vigente all'interno della chora coloniale greca, a lungo sbilanciata in direzione urbano-centrica.
E’ probabile che le laceranti contrapposizioni intestine che contraddistinsero la storia della città, soprattutto nei suoi momenti più critici e drammatici (come nel corso della campagna di Pirro e l'a guerra annibalica) che segnarono il III secolo a.C. possano ricondursi proprio alle lotte fra la componente mercantile, ben radicata in città, di pulsione democratica, nazionalista ed antiromana, e quella aristocratica, radicata economicamente nella chora, e nell'ecopnomia rustica, più conservatrice e tendenzialmente filoromana.
Già negli ultimi decenni dell'indipendenza (cioè del III secolo a.C.) la mirabile costruzione economico-sociale sulla quale si erano rette le invidiabili sorti economiche della città di Taranto sembra incrinarsi, sotto i colpi delle crescenti discordie civili. Anche la trama insediativa della chora, che aveva raggiunto la sua trama più fitta all'inizio del III secolo, tese a farsi più rarefatta, forse come conseguenza della generale crisi di un sistema.
Il vero e proprio colpo di grazia all'economia agricola della chora tarantina fu però inferta dai catastrofici esiti dell'avventura annibalica. Seguirono infatti deportazioni in massa, saccheggi, il crollo demografico; la riduzione ad ager publicus di parte (imprecisabile) del territorio fece sì che questo fosse aperto agli appetiti speculatori delle classi egemoni romane: nel volgere di una generazione il popoloso territorio coloniale tarantino si trasformò in una spopolata landa desertificata.
Iniziava il dominio incontrastato dei latifundia, con il trionfo della pastorizia transumante e delle villae rusticae.
Il ritorno di un consistente insediamento rurale si ebbe solo nel corso dell'Età Tardoantica, con forme affatto peculiari.
Da sinistra: Saggio di scavo nel sito del villaggio dell'Amastuola (VIII-V secolo a. C.), la necropoli del villagio, ai piedi dell'altura, atraversata dalla strada medievale che conduceva verso l'Adriatico, tomba a camera (Masseria Accetta) pertinente ad una delle molte fattorie che in Età Ellenistica sostituirono la funzione svolta dal villagio
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