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PERIEGHESIS. VIAGGIO NELLA STORIA DEL PAESAGGIO AGRARIO DEL TARANTINO

IL TERRITORIO ED I SEGNI DEL SUO CONFINE

PAROLE CHIAVE: immagini, rural landscape history, storia del paesaggio agrario, Messapi, Medioevo, feudalesimo, demani, giardini, Taranto, Puglia, Italia meridionale, edilizia rurale, muri a secco, paretoni, specchie, centuriazione, pietre confinarie, confini

Il significato originale del termine territorio richiamava un ambito geografico definito all'interno del quale un'autorità costituita (monarca o comunità) era in grado di esercitare il proprio dominio. Successivaemente il termine fu arricchito di nuove valenze semantiche, trasferendolo dall'ambito politico-militare a quello giurisdizionale.

Il territorio come dominio

I confini visti dai Greci. La chora

La storia del Tarantino ha spesso posto in diretta contiguità popolazioni che si contrapponevano militarmente per l'affermazione (o la conservazione) di autonomi modelli politici, culturali, sociali ed economici.

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La definizione dei confini storici del territorio di Taranto è passata per una serie infinita di controversie. La loro delineazione originaria si deve far risalire, molto probabilmente, al Medioevo, con l'attribuzione alla città di precisi compiti amministrativi e giurisdizionali. Nel corso dell'Età Moderna i maggiori centri abitati posti al suo interno non accettarono più di svolgere ruoli palesemente subalterni, nonché anacronistici; per rientrare nelle sue prerogative la città reagì intraprendendo, nel 1570, una causa protrattasi per oltre due secoli. Il processo non giunse mai ad una conclusione, confermando, in pratica, lo stato di fatto nel frattempo stabilitosi
Qui a sinistra la chiesetta rurale di San Nicola del ginocchio fra Maruggio e Manduria, posta, sulla base del sopralluogo effettuato nel 1669 dal commissario Hodierna, lungo il confine con il territorio di Oria.

La conquista del sito di Taranto da parte dei coloni spartani (nell'ultima decade dell'VIII sec a.C., innescò una interminabile sequela di guerre con le popolazioni indigene (gli Iapigi, poi differenziatisi in Peuceti e Messapi) che videro vincitori ora gli uni ora gli altri. A parte, tuttavia, pochi episodi bellici eclatanti, la contrapposizione si giocò soprattutto con una snervante serie di scaramucce di confine, durante le quali i Greci razziavano gli insediamenti messapici incettando uomini e cavalli.

Il confine costruito dai Greci aveva per baluardi una serie di centri fortificati (phrouria), ma si avvaleva anche di armi ideologiche. I molti templi dislocati giusto a ridosso del confine Est della chora, quello più minacciato, svolgevano, infatti, una importante funzione di marcatore territoriale nei confronti della popolazioni circostanti, ma al tempo stesso di centro di integrazione e di scambio interculturale ed interetnico.

I confini visti dai Messapi. Specchie e paretoni

La medesima esigenza difensiva realizzò in territorio messapico una diversa organizzazione difensiva, di cui restano molte importanti (anche se enigmatiche) tracce.

La difesa del territorio cittadino

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In alto i resti dell'abitato fortificato phrourion greco-arcaico di Lamastuola (Crispiano), sorto su un precedente insediamento indigeno in un luogo particolarmente privilegiato per l'ampio domisio visuale sullo spazio circostante; in basso Lu Spicchioni , nei pressi di Manduria, probabile resto di un fortilizio eretto dai Messapi a difesa del territorio cittadino.

Con il termine specchia si indica genericamente un cumulo di pietre. Molte di quelle che oggi si rinvengono nelle campagne salentine sono certamente di origine medievale e derivano dallo spietramento di terreni conquistati all'agricoltura. Alcune, inoltre, le cosiddette piccole specchie, rientrano fra le sepolture a tumulo dell'Età del Bronzo.

Molte di quelle poste nelle estreme propaggini sud-orientali della Murgia, nei territori di Ceglie, Villa Castelli, Francavilla e Manduria, sembrano costituire, invece, i resti di fortificazioni costruite dai Messapi in funzione antigreca.

Analoghi significati hanno anche alcuni paretoni, ciclopiche muraglie a secco decorrenti anche per svariati chilometri in varia direzione nella Murgia e nell'Alto Salento.

Il Paretone dei Greci

La conquista longobarda di Taranto (680 circa)determinò, dopo secoli, la rottura della continuità politico-amministrativa del suo territorio.
La contrapposizione fra Longobardi e Bizantini visse anch'essa di una serie interminabile di battaglie, ma soprattutto di una defatigante guerriglia di confine.

Alcuni toponimi rimarcano questo ruolo di frontiera militarizzata, come quello di Scorcola (dal germanico skulca, cioè fortificazione), che denomina tre masserie del Tarantino. Queste strutture appaiono in rapporti tuttora poco chiariti con un mastodontico sistema difensivo approntato dai Bizantini, noto come Limes o Paretone dei Greci, la cui precisa collocazione, tuttavia, con è mai stata compiutamente definita.

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Il paretone che si snoda per le campagne di Sava e di Torricella rappresentava il confine fra le giurisdizioni delle città di Oria e di Taranto, ma da alcuni studiosi è stato interpretato anche come vestigio dei resti del fantomatico paretone dei Greci, costruito dai Bizantini per difendersi dalle scorrerie dei Longobardi nel corso dell'Alto Medioevo.

Il territorio come ambito giurisdizionale

Con la creazione del municipium tarantino (avvenuta nei primi decenni del I secolo a.C.) la città fu chiamata a governare un proprio territorium. Vennero in questo modo definite modalità con le quali i suoi abitanti interagivano con il territorio, individuando così un corpus informale di consuetudini che, consolidatosi nel tempo, ricevette, ma solo in pieno Medioevo, il pieno riconoscimento pubblico. il sistema amministrativo romano, centrato sulla funzione di controllo territoriale da parte delle città (municipia), entrò in crisi nell'Età Tardoantica; solo con il ritorno dei Bizantini (fine IX secolo) e, soprattutto, con la rifondazione di Taranto (964-967), la città tornò ad esercitare funzioni direttive (molto limitate peraltro) su un proprio territorio.

Con gli Angioini, tuttavia, Taranto tornò finalmente a rivestire vere e proprie funzioni di controllo amministrativo e giurisdizionale su un proprio districtus. La periodica verifica dei confini del territorio cittadino divenne un atto ritualizzato, con la ricognizione dei punti posti a contrassegno, come muri, strade, grosse pietre, specchie, alberi di dimensione inusuale, tutti per lo più segnati con una croce o con lettere.
Interessante notare l'identità del territorio cittadino storico con la circoscrizione episcopale, che testimonia dell'importanza della fugura episcopale come elemento di continuità storica di riferimento.

Le comunità rurali insistenti all'interno dei confini della città erano soggette non solo ad una serie di oneri (fiscali in primo luogo), ma anche alla soggezione nei confronti dell'ambiente sociale cittadino, fortemente prevaricante; al tempo stesso, tuttavia, ciò comportava il godimento dei medesimi diritti dei cittadini, come la condivisione ed il riconoscimento di consuetudini, con particolare riferimento alla possibilità di accedere all'economia dell'incolto ed a colonizzare le aree demaniali.

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A sinistra un lemite lungo I confini moderni il confine fra le masserie Nasisi e Spagnolo (Taranto e Statte). In basso un poderoso pariete nella Sterpina (Mottola).

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I confini della proprietà. I muri a secco

Una delle caratteristiche più salienti dell'architettura del paesaggio agrario pugliese è costituito dal sistema dei muretti a secco, eretti a difesa delle aree coltivate (in genere vigneti, giardini ed oliveti) dal bestiame.

In Età Antica i muretti divisori fra le diverse proprietà del Tarantino erano fatti con mattoni contenenti ciottoli e terra.
L'erezione dei parieti ha accompagnato e contraddistinto, per tutto il Medioevo e l'Età Moderna, il processo di privatizzazione delle terre demaniali, che condusse alla creazione delle difese, di aree cioè escluse dalla fruizione pubblica.

I muretti a secco esercitano, anche, un'importantissima funzione di controllo su alcune variabili climatiche, rallentando la velocità del vento e dell'acqua ruscellante, accrescendo il tasso di umidità presente nel terreno circostante.

La centuriazione. Le pietre terminali (lemiti)

La deduzione della colonia latina di Neptunia nel 123 a.C. rappresentò un importante momento del lungo processo di romanizzazione di Taranto. L'impianto dei coloni rallentò, almeno temporaneamente, l'ormai irreversibile processo di formazione dei latifundia.

La deduzione di una colonia prevedeva una complessa serie di operazioni sovrintesa dai gromatici, prestigioso corpo tecnico esperto nelle misurazioni agrarie. Queste consistevano nella misurazione della terra, nella individuazione di centuriae e di parcelle (sortes, acceptae) da assegnare ai coloni.
A ricordo di questa opera grandiosa restano alcuni toponimi (come Pietrafitta, Pietraficcata, Pietrapendola, Accetta) che fanno riferimento a quelle grandi pietre confinarie conficcate nel terreno (lapides terminales). Tali toponimi sono particolarmente frequenti nel Tarantino orientale.

L'utilizzazione di pietre confinarie (lemiti) è in seguito entrato nell'uso comune, costituendo spesso, a causa della loro facile amovibilità, motivo di liti confinarie.

Riferimenti bibliografici

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