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IL GRAND TOUR DELLA TERRA DELLE GRAVINE

PAROLE CHIAVE: immagini, rural landscape history, storia del paesaggio agrario, Taranto, Puglia, Italia meridionale, associazione culturale, gravine

Il libro: LA TERRA DEL GRAND TOUR

Storie di Uomini e di Luoghi lungo le Antiche Strade della Terra delle Gravine

Si è tenuta, dal 22 al 25 aprile del 2016, la X edizione del Grand Tour della Terra delle Gravine, evento annualmente organizzato dall’associazione di volontariato culturale Terra delle Gravine. Il decennale costituisce occasione per proporre un primo bilancio di un’esperienza inedita per il territorio e per formulare, nel contempo, qualche considerazione in merito a quanto, nel corso di questo medesimo lasso di tempo, è avvenuto all’interno del comprensorio territoriale che ha ormai comunemente assunto la denominazione di Terra delle Gravine. Negli ultimi anni la già consolidata cultura escursionistica è andata incontro ad un’ulteriore evoluzione: da attività riservata alle domeniche fuori porta, da intermezzo limitato nel tempo volto al recupero delle energie psicofisiche, essa ha recuperato una funzione un tempo connaturata con l’atto del camminare: lo spostamento fra luoghi, anche lontani. Sono così nati i cammini. Oltre gli storici percorsi d’ispirazione religiosa che possono vantare una millenaria tradizione, primo fra tutti quello con destinazione Santiago di Campostela, divenuto, a partire dagli anni Settanta del Novecento, un fenomeno globale con positive ricadute economiche per le regioni interessate, ne vengono, con cadenza ormai quasi quotidiana, proposti di sempre nuovi, variamente ispirati. Talune di queste proposte fanno riferimento a percorsi resisi obsoleti nel corso del tempo, ma che serbano una valenza indubitabile, come il Cammino dell’Appia Antica, assurto agli onori della cronaca grazie alle recenti iniziative editoriali del giornalista Paolo Rumiz,1 e quelli che ripercorrono i luoghi che serbano memoria della predicazione di santi, quali San Francesco e San Benedetto. A queste si affiancano proposizioni storicamente molto opinabili, come quelle aventi come oggetto la percorrenza di fantomatiche Vie Francigene del Sud. Altre ancora si propongono nell’offerta turistica con formulazioni ed intenti anche commerciali. Al successo di simili iniziative concorre certamente il crescente favore conferito alla filosofia del vivere con lentezza, un nuovo sentimento per molti versi postmoderno che intravede nel vivere (e muoversi) lentamente l’antidoto alla bulimia efficientistica alla quale pare, per converso, votata una modernità intesa in maniera più classica.2 Il Grand Tour della Terra delle Gravine fa proprio tale sentimento, potendo anzi vantare di aver inaugurato, almeno nel Mezzogiorno d’Italia, l’avvio di questo tipo di esperienza con la specificità, inoltre, di offrire annualmente un distinto itinerario contrassegnato da una peculiare chiave interpretativa: un tema, cioè, sul e intorno al quale l’atto del camminare assume propria forma e senso. In ciò essendo certamente supportati dall’ampia disponibilità di materiale culturale, naturale e paesaggistico offerta dalla geografia storica della Terra delle Gravine. Il Grand Tour della Terra delle Gravine è un’esperienza di cammino che si svolge in quattro giorni. Non è un’articolata escursione a tappe, non obbedisce neppure all’imperante moda dell’all-in-one, cioè dei pacchetti turistici onnicomprensivi; essendo proposta a titolo gratuito, non va alla caccia spasmodica di partecipanti e non ha interesse a richiamare frotte di escursionisti inevitabilmente trasformati, una volta in cammino, in una folla chiassosa e distratta. Si tiene ben lungi dalla mera ricerca del bello, del suggestivo e del pittoresco che tanto affascinano il disattento passeggiatore domenicale o, peggio ancora, il turista già proiettato sul come decantare la sua vacanza-totem in paesi esotici,pretendendo di averne colto l’anima solo per averla catturata mediante marchingegni digitali più o meno sofisticati.3 Il Grand Tour della Terra delle Gravine riprende, invece, il tema dei viaggi intrapresi dalla giovane intellighenzia europea fra Sei ed Ottocento nei paesi mediterranei, in Italia in particolare. Tale esperienza costituiva un passaggio quasi obbligato nel curriculum formativo non solo di uomini di cultura, ma anche di rampolli di famiglie ricche, per tal motivo costituendo quasi un’istituzione, in talun caso (come in Inghilterra) finanziato persino dallo Stato o da fondazioni benefiche.4 Quando, a partire dalla metà del Settecento, gli itinerari del Grand Tour si indirizzarono anche verso il Mezzogiorno esso era, in verità, divenuto cosa alquanto diversa rispetto a quello dei secoli precedenti, allorché segnava le sue Colonne d’Ercole nella città di Napoli o, al più, nei suoi dintorni. Qualcosa era infatti, nel frattempo, andata maturando nella mentalità corrente: i nuovi viaggiatori iniziavano a mostrare un inedito interesse verso quanto di diverso poteva offrire il Regno al di là della sua capitale, disperso nelle sue mille periferie. Qualcosa che andava oltre la mera educazione al bello perseguita dai loro predecessori. E taluni si muovevano proprio alla sua ricerca. A spingere tanti giovani al di là di confini che parevano invarcabili restava sì, in primo luogo, il desiderio di scoprire le origini della civiltà mediterranea, colta come la primigenia comune matrice culturale europea, quell’antichità classica personificata dal nascente mito della Magna Grecia e riportata alla luce dalle prime avventurose indagini archeologiche, in primis la riscoperta di Ercolano e di Pompei. Il loro clamore andava, infatti, diffondendosi presso una platea sempre più vasta grazie alla emergente editoriaperiodica in forma di giornali e di riviste, capace di dar vita ad una prima pubblica opinione europea. Attraverso questa porta si apriva tuttavia uno squarcio nella pancia di quel mondo mediterraneo che, accanto alle luminose vestigia, di quella medesima età classica aveva conservato anche il lato oscuro, intriso di quell’incorruttibile carattere primigenio tanto elogiato dagli intellettuali dell’Età dei Lumi, come Rousseau e Montesquieu, gli antesignani dell’antropologia culturale

Incipit de

LA TERRA DEL GRAND TOUR. Storie di Uomini e di Luoghi lungo le Antiche Strade della Terra delle Gravine

Ed. ARTEBARIA, Martina Franca, 2019, 330 pagg. Euro 35

LA TERRA DEL GRAND TOUR, è, ad una prima percezione, solo un libro molto corposo: sono 320 pagine, pesa 2 Kg e contiene oltre 500 foto, tutte a colori.

Ma è ben altro: il libro si candida a costituire patrimonio culturale della Terra delle Gravine e a rappresentare pertanto un’opera monumentale, nel senso che ne è, e resterà, un Monumento: esiste ed è disponibile a tutti, e nessuno, d’ora in poi, potrà dirne alcunché o scriverne con onestà di intenti e cognizione di causa senza far riferimento a QUESTA pubblicazione, se non altro citandola in bibliografia.

E di ciò TUTTA L'ASSOCIAZIONE CULTURALE TERRA DELLE GRAVINE deve essere orgogliosa in quanto TUTTI hanno dato il proprio contributo ad una tanto ponderosa pubblicazione. E non solamente per il mero aspetto finanziario, già di per sé esemplare: un tale esempio di lungimirante crowdfunding non ha molti altri esempi. Velleitario, per certi versi, così come velleitario pareva l’ideazione e la realizzazione, partendo dal niente, di un Grand Tour della Terra delle Gravine, inaugurando un trend che oggi è moda e giunge attualmente ad interessare pressoché ogni angolo di territorio italico.

La carta reca sì impresso sulla copertina il nome di un autore, ma il libro è stato scritto sotto dettatura di tutti: di tutti i piedi che hanno battuto pressoché ogni angolo di questa nostra terra, di tutti il sudore profuso nel percorrerne strade e sentieri, di tutti la meraviglia nel visitarne i tanti angoli belli, suggestivi, interessanti, stimolanti, di tutti le suggestioni che man mano colte, immagazzinate, elaborate e riversate sulla carta, di tutti il sostegno nel dar vita alle iniziative proposte, di tutti la fiducia ed il credo nell’azione della nostra associazione. Senza di tutti il pensiero di realizzare questo libro sarebbe rimasto sogno. Uno dei tanti vagheggiati da tanti.

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